Diversity & Inclusion:
la soluzione per le persone
e le aziende?

Diversity & Inclusion: come ci si è arrivati?

La diversity e inclusion (D&I) è il terzo approccio che si è sviluppato, come evoluzione del diversity management, prima negli Stati Uniti e a seguire nel resto del mondo. Ha come obiettivo molto generico di superare la discriminazione delle minoranze nei contesti di lavoro grazie soprattutto alla valorizzazione, invece, delle differenze. 

Per capire bene di cosa si tratta bisogna prima accennare agli altri due approcci precedenti, a seguito del quale di sviluppa la D&I: equality employment opportunity (EEO) e diversity management (DM). Il primo tipo di approccio è mirato all’equità delle persone a lavoro, o meglio dei gruppi di persone a lavoro: partendo infatti dal presupposto che le minoranze sono discriminate, l’EEO introduce una serie di misure imposte per legge alle aziende volte ad eliminare queste discriminazioni, offrendo ai gruppi minoritari (donne, gruppi etnici minoritari, persone LGBT+, disabili, etc.) delle risorse in più, in modo da arrivare alle pari opportunità. Il difetto forse maggiore delle EEO è quello di non considerare, nella loro applicazione pratica, il risvolto economico, infatti la loro giustificazione è “solo” morale. 

A ciò sopperisce il DM che nasce e si sviluppa con lo specifico obiettivo di coniugare le esigenze morali e le pari opportunità ai modelli di business delle aziende, per avere ricadute positive sui profitti. Il passaggio più grande che si fa dalle EEO al DM è quello di passare da un’ottica “per gruppi” ad un’ottica “per singoli”: le pari opportunità promosse dalle EEO considerano le necessità delle persone in quanto appartenenti a dei gruppi minoritari, hanno come obiettivo la parità tra i diversi gruppi; il DM invece valorizza e promuove la diversità dei singoli, delle persone in sé stesse, non in quanto appartenenti a un gruppo. Questa distinzione è cruciale, in quanto la D&I si colloca nel mezzo tra i due approcci, mantenendo l’ottica sia sul gruppo che sul singolo

 

Diversity & Inclusion: l’azienda come Gestalt

L’obiettivo primario della D&I è quello di creare un luogo di lavoro in cui ogni persona si senta valorizzata per il proprio potenziale e per la propria diversità rispetto a tutti gli altri, in cui si senta quindi “unica”, ma al contempo un luogo di lavoro in cui ogni singolo si senta profondamente appartenente al gruppo “organizzazione”, sposandone gli obiettivi e sentendosi pienamente a proprio agio con il clima aziendale. 

È proprio in questo che la D&I si colloca a metà tra EEO e DM (anche se, lo ricordiamo, è un’evoluzione del DM): valorizza il singolo ma valorizza al contempo l’importanza di sentirsi parte di un unico grande gruppo che è l’organizzazione, al cui interno non esiste più una suddivisione tra minoranze e maggioranza, ma esistono tanti singoli che insieme fanno un’azienda.  Si potrebbe fare un parallelo tra la D&I e la psicologia della Gestalt: il concetto riassuntivo della gestalt è che “il tutto è diverso dalla somma delle singole parti”, per la gestalt, infatti, il tutto è un concetto complesso, ampio e unitario, dinamico ma organico, proprio come lo è un’azienda. 

Le singole parti, i singoli dipendenti di un’azienda, messi insieme creano l’organizzazione che, però, non può essere considerata “semplicemente” come l’insieme dei suoi dipendenti, proprio perché i singoli dipendenti apportano all’organizzazione un contributo unico e speciale in virtù della loro diversità gli uni dagli altri. Questa diversità, paradossalmente, non emergerebbe se non esistesse un gruppo di riferimento di cui sentirsi parte; si capisce quindi perché l’azienda (il tutto) è più della somma dei singoli dipendenti e delle loro caratteristiche; è l’azienda, il gruppo, che dà opportunità ai singoli di svilupparsi ed esprimere il loro potenziale, unico e irripetibile. È proprio questo che si intende con valorizzare la diversità (obiettivo già del diversity management) mantenendo in più il sentirsi parte dell’organizzazione, del gruppo, un valore fondamentale.

 

Inclusion: ma, quindi, cosa si intende?

L’ambizione della diversity e inclusion, quindi, è la creazione di un luogo di lavoro in cui tutte le differenze sono rappresentate e rispettate; al centro si mette il benessere del lavoratore, promosso tramite il senso di appartenenza all’azienda, la qualità dell’esperienza di lavoro e la possibilità di contribuire attivamente alla messa a punto e alla realizzazione degli obiettivi organizzativi. È quindi un atteggiamento molto complesso in cui si rispettano le diverse identità dei singoli grazie all’esistenza di una “macro-identità” aziendale in cui rispecchiarsi e sentirsi riconosciuti. 

Il termine inclusione, pensando a come è usato nella quotidianità, risulta quindi forse fuorviante a chi sviscera i significati delle parole: includere può dare l’idea di una parte attiva che include e una passiva che è inclusa, può dare l’idea di una “concessione” che permette a chi stava al di fuori di qualcosa, di un gruppo, di entrarvi. Includere può essere considerato in quest’ottica come sinonimo di inglobare; in effetti, non è una descrizione difforme da ciò che accade nelle aziende che adottano la diversity e inclusion. Inglobare qualcosa (o qualcuno), includerlo in un gruppo, è un’azione, in realtà, attiva da ambe le parti: la parte che “si apre” ad includere compie un movimento, così come la parte che è inclusa e inglobata, poiché ci si aspetta da essa che apporti un cambiamento (migliorativo). 

Una domanda che può sorgere spontanea è: come posso mettere in pratica questo approccio nella mia azienda? Uno psicologo esperto di D&I potrebbe giungere in aiuto e favorire l’adozione di questo approccio nella propria realtà. Si può arrivare, insieme, ad essere consapevoli di cosa sia la D&I, degli indubbi vantaggi che comporta per tutti sul mercato del lavoro e a capire quali possono essere gli strumenti per metterla in atto.

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