Omofobia ed emozioni

Cos’è l’omofobia?

Cosa significa essere omofobo? Intuitivamente si pensa subito ad un sentimento di paura, come suggerisce “fobia” e in effetti la parola deriva del greco “phobos” che sta appunto per paura. Con “omofobia” si indica quindi un’avversione per gli omosessuali. Quando leggiamo sul quotidiano, o sentiamo al telegiornale, di episodi omofobi ciò che ci arriva è che l’unica persona a provare paura è chi ha subito l’aggressione o discriminazione omofoba. Immedesimandosi nella situazione, molti di noi possono sentirsi in empatia con chi subisce il gesto omofobo: la paura è uno dei primi sentimenti che ci coglie pensando che quello a essere deriso/picchiato/umiliato possa essere il nostro amico, nostra sorella, il nostro futuro figlio. Se non si hanno pregiudizi legati all’orientamento sessuale, quindi tendenze omofobe, non è affatto facile immedesimarsi con un omofobo e provare a capire quali siano i suoi sentimenti. Quelli che appaiono manifesti sono sicuramente sentimenti di odio, rabbia, aggressività. La paura non sembra, ad un’analisi superficiale, caratterizzare il vissuto di questi individui che credono di mostrarsi “forti” agli occhi della società umiliando e aggredendo le persone omosessuali. Ma è davvero così?

Quali emozioni sperimenta un omofobo?
La paura sarebbe una delle emozioni principali che spinge alla messa in atto di questi comportamenti violenti: in un esperimento condotto da ricercatori dell’università della Georgia rivolto a persone che manifestavano tratti di omofobia, è emerso come l’esposizione a materiale erotico visivo omosessuale esplicito in questi soggetti aumenti le emozioni di paura e rabbia. Come mai? La paura è per le specie animali così come per la nostra specie un’emozione primitiva con funzione protettiva, che scatena la messa in atto dei così detti comportamenti di “attacco fuga” nel momento in cui ci sentiamo in situazioni di pericolo. 

Ma perché mai un omofobo dovrebbe sentirsi minacciato da una persona omosessuale che sta semplicemente e liberamente esprimendo le sue preferenze sessuali? Il pericolo percepito è quello del “diverso”: nonostante oggi, specialmente nelle nuove generazioni, la libertà sessuale e di espressione in tutte le sue forme sia sempre più promossa all’interno della società, bisogna tenere in conto che l’omosessualità è stata esclusa ufficialmente dalla classificazione internazionale delle malattie mentali, venendo così depennata dall’ICD-10 (International Classification of Disease) stilato dall’organizzazione mondiale della sanità, solo nel 1990! Il 17 maggio di quell’anno è avvenuto, quindi, un evento storico ed è la data, infatti, in cui si celebra la giornata internazionale contro l’omofobia. Stiamo parlando di poco meno di 30 anni: questo significa che ogni persona che oggi ha un’età superiore ai 30 anni è nata e cresciuta in una società in cui l’omosessualità era una considerata a tutti gli effetti una malattia. Ai più giovani tra di voi che ci leggono sembrerà incredibile, vero?… (ci auguriamo sia così, ndr.). Quello che spesso sfugge a tutti noi che “abitiamo il presente” ovvero siamo assorbiti dal nostro presente e dalla nostra quotidianità, è che i cambiamenti storico-sociali-culturali hanno sempre bisogno di un ricambio generazionale per consolidarsi e cristallizzarsi: il cambiamento è una cosa meravigliosa, accade inevitabilmente, ma ha bisogno del suo tempo.  Ma torniamo a noi, abbiamo capito come il diverso sia percepito come un pericolo, e come il pericolo generi paura. Se ci mettiamo nei panni di chi ha dei pregiudizi basati sull’orientamento sessuale, però, gli omosessuali trasgredendo le norme sociali prevalenti non fanno soltanto paura ma anche rabbia per la trasgressione: non si è capaci di accettare che qualcuno possa fare “come gli pare” trasgredendo le norme prevalenti. Ma perché ci si arrabbia quando qualcun’ altro ha un tale grado di libertà da trasgredire quelle che secondo noi sono delle rigide norme sociali?

Entrare in empatia con gli omofobi: tu preferisci pomodori o carote?

Proviamo, con una metafora molto banale, a porci nella condizione di entrare in empatia con i sentimenti degli omofobi. Ipotizziamo di vivere in un universo parallelo dove la norma prevalente sia quella di mangiare, tra tutti gli ortaggi, solo ed esclusivamente i pomodori. Tutti amano i pomodori e possono liberamente esprimere la loro preferenza per questo cibo, nessuno li giudica se li mangiano in pubblico o decidono di cucinarli ogni giorno a ogni ora. In questa società “adoratrice dei pomodori” un piccolo gruppo inizia a dire che loro non apprezzano così tanto l’ortaggio preferito da tutti, preferiscono invece le carote e vorrebbero poterle mangiare in pubblico senza sentirsi “strani”, fuori luogo ed esclusi dal resto della società.
Ci stupiamo?  Sicuramente si: come puoi tu voler mangiare un ortaggio che cresce sotto terra, con tutte le schifezze che questa contiene, e non sopra la terra all’aria aperta? Ci sembra una cosa innaturale.

Ci arrabbiamo? Forse inizialmente si. Perché tu puoi avere la libertà di dire che vuoi le carote, e io che, a esempio, ho sempre amato la lattuga non ho mai potuto dirlo apertamente? Perché tu puoi trasgredire una norma sociale, qualunque questa sia, e restare “impunito”? 

Il sentimento che ci coglie oscilla tra l’invidia, la rabbia e la paura che ognuno possa iniziare a fare quello che vuole e mangiare quello che vuole dovendo per sempre abbandonare tutti i pomodori.  Ora forse è il caso di lasciare da parte gli ortaggi senza dimenticare, però, l’esempio. Tra gli omofobi, moltissimi esprimono pensieri come l’innaturalità dell’amore omosessuale, la necessità di dover dare “punizioni esemplari” a chi trasgredisce l’ordine sociale, la paura “del contagio” come il timore che se i bambini crescono in un ambiente che accetta la libertà di espressione del proprio orientamento sessuale possano crescere con l’idea di essere omosessuali a loro volta. Ma soffermiamoci a pensare all’assurdità di questa ipotesi: se nel mondo in questo momento tutti diventassero omosessuali, tu che sei l’unico eterosessuale rimasto sceglieresti quindi un partner del tuo stesso sesso? Se così fosse allora potresti scriverci.


Disgusto o eccitazione repressa?

Abbiamo appena visto come i comportamenti aggressivi degli omofobi sono principalmente causati dalla paura che la trasgressione delle norme sociali possa in qualche modo compromettere l’ordine creato: gli omofobi si sentono minacciati e per questo attaccano.  Spesso abbiamo sentito dire da persone omofobe frasi come: “mi fanno schifo i gay, è una cosa innaturale, mi provoca disgusto”. Ma che ruolo ha davvero il disgustoSe lo sono chiesto molti ricercatori tra cui un gruppo che, partendo dai risultati di altri esperimenti precedenti, ha fatto una scoperta sorprendente: uomini omofobi sottoposti a stimoli sessuali omo-erotici presentavano addirittura eccitazioneIl gruppo di Adams, quindi, già alla fine del XX secolo ha ipotizzato che il disgusto provato dagli omofobi sia in realtà finalizzato a mascherare un’eccitazione latente, un’emozione repressa forse perché fa paura e di cui a volte non sono neanche consapevoliMa davvero gli omofobi potrebbero essere “omosessuali latenti” del tutto inconsapevoli della loro preferenza sessuale? È possibile non essere a conoscenza di una cosa così importante di sé stessi?  Molti studi psicologici dicono in effetti di sì. Ci piace pensare di avere la piena coscienza e controllo di noi stessi, siamo convinti che la specie umana sia “superiore” a tutte le altre poiché dotata di libero arbitrio. Sicuramente le capacità umane di controllo di sé sono superiori a quelle di qualunque altra specie, ma ciò che sta sotto la consapevolezza è molto più di quello che si possa comunemente pensare. Secondo alcuni studiosi la nostra mente è come un iceberg in cui la punta è il consapevole e tutto l’ammasso di ghiaccio sotto la superficie dell’acqua è l’inconsapevole.  Noi preferiamo non essere così “drastici”, ma ci sono sicuramente evidenze secondo cui non siamo sempre perfettamente consapevoli di noi stessi, delle nostre preferenze e delle nostre decisioni. Uno studio che utilizza il test di associazione implicita IAT mostra come alcuni giudici americani che esprimono apertamente e con molta convinzione il loro non essere razzisti, in realtà nei loro verdetti siano inconsapevolmente influenzati dalla razza dell’imputato emettendo sentenze sfavorevoli per gli afroamericani. Questo significa che sono dei razzisti ma non vogliono ammetterlo? No, in realtà in questi casi si è davvero convinti di ciò che emerge alla consapevolezza, sarebbe più corretto dire che hanno delle tendenze razziste, ma non lo sanno. Questo breve inciso è utile a dimostrare con evidenze scientifiche come possiamo effettivamente non sapere delle cose importanti su di noi. Ma torniamo al disgusto degli omofobi. Alcuni ricercatori della Georgia hanno provato a indagare meglio questo aspetto misurandolo con un esperimento. I risultati dicono che nel gruppo omofobo a seguito della visione di materiale erotico omosessuale, a differenza della paura e della rabbia, l’indice di disgusto è presente in misura minore. Questo non è sufficiente per confermare l’ipotesi di Adams e colleghi per cui gli omofobi sarebbero in realtà attratti sessualmente da uomini dello stesso sesso ma ciò che emerge è che gli omofobi non sono disgustati dagli omosessuali. Ma allora come mai la maggioranza se non totalità delle persone omofobe riferisce di provare disgusto? 


Cercare il razionale nell’irrazionale

La nostra ipotesi è che gli omofobi cerchino un modo razionale e immediato per spiegare a sé stessi e agli altri come mai provano un senso di repulsione e odio verso gli omosessuali. Una delle spiegazioni facili che riescono a darsi è appunto che ne sono disgustati. Anche il disgusto, infatti, come la paura ha una funzione protettiva per la specie ma a differenza di questa nella società moderna il disgusto è un’emozione largamente accettata: una cosa non mi piace, mi fa schifo e quindi ne sto alla larga; nessuno mi biasimerà per i miei “gusti”. La paura, invece, è ancora oggi specialmente per i maschi un’emozione socialmente più difficile da accettare: gli stereotipi di genere sono in realtà ancora molto forti nella società. Tanti sono i maschi che crescono sentendosi dire che provare paura non è accettabile perché rende deboli, fragili e addirittura “meno uomini”. La paura, inoltre, forse più delle altre emozioni non è spiegabile razionalmente: è un’emozione primitiva, difficile da controllare e tollerare perché ingenera quel senso di perdita del controllo che ci fa sentire vulnerabili ed esposti. 


Intelligenza emotiva come risorsa per abbattere le discriminazioni 

Il cambiamento di cui si parlava in precedenza è sicuramente già in atto, sono molti i paesi in cui è possibile per coppie dello stesso sesso adottare un figlio o concepire una vita tramite procedure di procreazione medica assistita, e moltissimi sono i paesi in cui sono legali le unioni civili, tra questi rientra anche l’Italia dal 20 Maggio 2016, grazie alla legge Cirinnà. Il traguardo ideale del processo di cambiamento sarebbe raggiungere un livello di “educazione sociale” improntata sull’uguaglianza e sull’equità, in questo modo sarebbe più facile riconoscere e accettare tutta la gamma di emozioni umane e di conseguenza sarebbe possibile gestirle meglio. Alla base di gesti di odio e violenza si trovano sempre le emozioni. Il modo migliore per scongiurarli, a nostro avviso, non è però educare alla tolleranza, perché tollerare è molto diverso da accettare e includere: educare alla tolleranza implica pur sempre una diversità di fondo e una logica “noi” “loro”. Una valida alternativa potrebbe essere promuovere la capacità di conoscere, comprendere e gestire le emozioni proprie e altrui. L’obiettivo ultimo dovrebbe essere quello di aumentare il benessere dei ragazzi, non solo quelli omosessuali che subiscono atti discriminatori, ma anche degli omofobi. Gli omofobi sono persone che non sanno gestire la loro vita psichica e si ritrovano in balia delle loro emozioni.  Se un’educazione ci deve essere invece dovrebbe essere, fin da piccoli,  a quella che in psicologia si chiama “intelligenza emotiva”.