Ruoli di genere:
la persona
si adatta al ruolo
o il ruolo alla persona?

Fiocco rosa o fiocco blu

Se in famiglia avete di recente accolto una nuova nascita saprete benissimo che già durante la gravidanza e in rari casi al momento della nascita (quando si vuole “la sorpresa”), la prima domanda in assoluto è: maschietto o femminuccia? La prima informazione che vogliamo riguardo a una nuova persona che viene al mondo è il suo sesso. Ci siamo mai chiesti come mai? Il sesso di una persona rientra in tutte quelle etichette che automaticamente attribuiamo alle persone per decidere “velocemente” come interfacciarci con esse, cosa aspettarci dal loro comportamento. Questa etichetta automatica non rientra però nel sesso biologico, che essendo appunto biologico è “inequivocabile” (tranne in alcuni rare eccezioni mediche, le condizioni di ermafroditismo), ma in un costrutto sociale, una convenzione che abbiamo “inventato” nel corso dei secoli e grazie alla nostra cultura: il ruolo di genere. Il ruolo di genere è, insieme al sesso biologico, l’identità di genere e l’orientamento sessuale una delle quattro componenti della sessualità, una delle parti cioè che definisce la nostra identità dal punto di vista sessuale. Come dicevamo è una convenzione sociale e infatti a culture diverse corrispondono ruoli di genere diversi, comprende infatti i comportamenti socialmente attribuiti alle persone in base al loro genere. 

 

Costruire i ruoli di genere fin dall’infanzia

I ruoli di genere, essendo convenzioni sociali, si costruiscono nella storia filogenetica, cioè la Storia (con la S maiuscola), la storia della specie e dell’evoluzione degli esseri umani sulla base anche dei cambiamenti culturali e si costruiscono nella storia ontogenetica ovvero la storia di vita e di sviluppo di ciascun singolo individuo. La cultura ci plasma con una connotazione ben precisa dei ruoli dei generi fin da piccoli. Riusciamo a pensare a un esempio? Cosa contraddistingue l’età infantile? Cosa fanno i bambini che da grandi, purtroppo, smettiamo spesso di fare? Giocano! Proprio nel gioco si ha già un esempio di netta distinzione basata sui ruoli di genere: ai maschi calcio e macchinine, alle femmine danza e bambole. Questo è solo un esempio ma potremmo farne moltissimi altri: sul piano estetico (ai maschi il blu, alle femmine il rosa), sul piano scolastico (ai maschi compiti logico-matematici, si promuove l’intelligenza pratica; alle femmine i compiti narrativi e riflessivi, si promuove l’intelligenza emotiva) sul piano “caratteriale” (alla femminilità è associata la delicatezza, alla mascolinità la forza). Non vi abbiamo ancora convinto che i ruoli di genere siano una convenzione sociale? 

Provate a osservare dei bambini abbastanza piccoli, 3-4 anni, o se ci riuscite provate a ricordare voi stessi da bambini: è molto probabile che si desiderino nella propria infanzia i giochi della sorella, della cugina, dell’amichetta di asilo ed è altrettanto probabile che se siete dei maschi i vostri genitori vi abbiano impedito l’accesso a quei giochi, sostituendoli con altri più “appropriati”. Ma appropriati per chi? Per la società, ovviamente. Ogni genitore desidera vedere il proprio figlio felice e ben inserito nel contesto sociale, per potersi inserire sono necessarie però delle regole, attenersi a degli standard. Gli standard dei ruoli di genere sono quelli più chiaramente comunicati e di conseguenza interiorizzati tra le varie convenzioni sociali. 

 

Ruolo di genere: come devi essere e come non devi essere

“Non si mangia con la bocca aperta”, “si ringrazia sempre”, “non si va in giro nudi” “non si assume un ruolo femminile se si è maschi e viceversa”. Cosa hanno in comune queste quattro affermazioni (o imperativi)? Sono convenzioni sociali, le regole che dobbiamo rispettare per vivere bene nel contesto comunemente condiviso tra gli esseri umani. Cosa hanno invece di diverso? Le prime due sono regole sociali esplicite, si insegnano in modo chiaro ai bambini, sono frasi che realmente si pronunciano; le ultime due sono invece prevalentemente implicite, i bambini le apprendono non tanto perché qualcuno le dica ma perché le interiorizzano in modo indiretto dall’ambiente. Non si vede infatti nessuno andare in giro nudo per strada così come si valuta molto negativamente una persona che assume comportamenti attinenti al ruolo di genere del sesso opposto (quante volte ancora oggi sentiamo pronunciare frasi come “non piangere come una femminuccia?”). Purtroppo, già da bambini i maschi vengono spesso mortificati e sviliti se esprimono il desiderio di assumere un ruolo femminile (ad esempio fare danza o vestirsi di rosa), così come le femmine vengono fortemente ostacolate se esprimono il desiderio di assumere un ruolo maschile (ad esempio giocare a calcio). Non si dice in modo diretto “devi attenerti al tuo ruolo di genere”, ma la comunicazione arriva comunque forte e chiara! Il ruolo di genere viene quindi interiorizzato non solo perché passa il messaggio di quanto sia negativo assumere il ruolo del genere opposto, ma anche di quanto sia positivo e di valore assumere i ruoli del proprio genere (le bambine vengono quindi elogiate quando aiutano la mamma ad apparecchiare la tavola mentre i bambini vengono elogiati quando hanno successo nel loro sport). Questa comunicazione, molto chiara, arriva non solo dai genitori, che attuano questi comportamenti per proteggere i propri figli da uno stigma sociale e da una derisione da parte dei coetanei (veicolano quindi il messaggio “in buona fede”), ma arriva anche dagli insegnati, dagli allenatori, dalle pubblicità che vedono in tv, a volte anche dai cartoni animati.  

 

Interiorizzazione: la macchia d’erba sui jeans

Il ruolo di genere viene interiorizzato fin dalla prima infanzia. Per intenderci quando parliamo di interiorizzazione è un processo che può essere paragonato alle macchie di erba fresca sui jeans: specialmente se siete donne, saprete benissimo che è davvero difficile rimuovere una macchia di erba dai jeans, potrete lavarli all’infinito, un piccolo alone resterà sempre. Così funzionano le interiorizzazioni e così funzionano i ruoli di genere: permangono ben saldi per tutta la vita dell’individuo, continuando a prescrivere “come comportarsi” praticamente in ogni ambito. Parlavamo di lavatrici e donne… questo è esattamente ciò che si intende per ruolo di genere (anche abbastanza stereotipato, a dire la verità): le donne fanno le lavatrici, gli uomini no. Le donne gestiscono la casa e si occupano dei figli; gli uomini si concentrano sul lavoro. Questa divisione dei ruoli di genere è estremamente radicata nella nostra cultura e trova le sue origini in un modello di famiglia che era prevalente negli anni ’50, in cui gli uomini lavoravano in fabbrica e le donne accudivano i bambini. Continua a persistere oggi nonostante le famiglie e le loro esigenze, così come le esigenze dei singoli, siano estremamente diverse!

 

“Bastava chiedere”

Le necessità di uomini e donne sono cambiate oggi rispetto a 70 anni fa. Eppure continua a persistere una divisione dei ruoli di genere, nell’immaginario comune, prevalentemente basata sui ruoli che erano propri degli anni ‘50. Questo ha un forte impatto nella vita delle persone: in ambito lavorativo ci si aspetta che le donne investano meno sulla carriera rispetto agli uomini e vengono considerate come meno adatte a ruoli dirigenziali e di responsabilità; in ambito sportivo si hanno classifiche, competizioni, addirittura attrezzature diverse per uomini e donne, nonostante sia stato dimostrato da vari studi come le presunte prestazioni inferiori delle donne siano dovute in misura molto maggiore a stereotipi sociali e aspettative di “fallimento” nei confronti delle donne e non invece a reali “limiti” fisici di quest’ultime (Chalabaev et al., 2013); in ambito familiare, infine si parla molto ultimamente di carico mentale o domestico a cui sono sottoposte le donne. Riguardo all’ultimo aspetto in particolare, è diventato virale il fumetto “bastava chiedere” di Emma, blogger femminista francese, trasposto anche in libro nel nostro paese, che illustra cosa sia il carico mentale delle donne: la pressione a cui ogni donna in una coppia stabile è sottoposta, il doversi fare carico appunto della gestione in toto della casa e della vita familiare e di coppia. I compiti affidati culturalmente alle donne riguardano davvero ogni singolo aspetto di vita pratica: fare le lavatrici, accompagnare i bambini, fare la spesa e cucinare, pulire casa, pagare le bollette, organizzare le vacanze e le uscite a cena con gli amici; insomma uno stress senza fine, a cui si aggiunge chiaramente lo stress lavorativo di cui spesso gli uomini si “lamentano” anche molto più delle donne. Questi compiti sono automaticamente affidati alle donne, tant’è che gli uomini quasi si stupiscono alle disperate richieste di collaborazione delle loro compagne, esordendo spesso appunto con un lapidario “bastava chiedere”. Si percepiscono come esecutori di compiti affidatigli in via temporanea dalle compagne, principi che salvano la principessa dai suoi obblighi (e spesso si aspettano anche riconoscenza e gratitudine per questo immenso sforzo). Hanno un ruolo del tutto passivo e per niente proattivo e collaborativo nella gestione domestica e questo non dipende affatto da loro, ma da ciò che la cultura e la società li ha portati a interiorizzare. Il “bastava chiedere” può essere considerato, a nostro avviso, come una forma molto sottile di sessismo benevolo, cioè quella forma di sessismo più difficile da identificare, celato, che attribuisce alle donne non apertamente caratteristiche negative di inferiorità e sottomissione ma caratteristiche di fragilità, necessità di protezione, necessità di un uomo. La donna che, infatti, “esaurita” la sua forza interna e le sue risorse energetiche chiede la collaborazione dell’uomo è percepita da questo come una creatura fragile, bisognosa del suo supporto, del suo intervento che “la salvi”. La maggior parte degli uomini, fortunatamente non tutti (attenzione sempre a non generalizzare!) percepisce i doveri domestici come relegati alla donna e il suo contributo è quindi un favore, una salvezza per la donna che, fragile, non sa gestire i suoi compiti, qualcosa che è necessario chiedere perché non è scontato. 

I ruoli di genere, in conclusione, ci possono aiutare a identificarci con un’idea condivisa, a capire cosa ci si aspetta da noi ma purtroppo sempre più di frequente nella società odierna hanno la pericolosa tendenza a diventare gabbie: devono essere flessibili e adattarsi ai cambiamenti nelle esigenze di vita di uomini e donne, alla tendenza verso una parità tra generi, adattarsi alle esigenze di famiglie (al plurale, perché sono vari i tipi) e di singoli; questa flessibilità può essere data solo da una mentalità plastica e malleabile, di gomma e non di ferro cosicché possa essere il ruolo ad adattarsi alla persona e non la persona ad adattarsi al ruolo.