Cosa fare se si ha subito
outing a lavoro?

Cosa può succedere se un collega ti fa outing?

L’outing consiste nel rivelare l’omosessualità di un’altra persona senza il suo consenso. Una persona che “fa” outing, quindi, in realtà lo subisce perché non è un gesto che deriva dalla propria consapevolezza e volontà, come lo è invece il coming out, ma deriva invece dalle azioni (più o meno coscienti) di un’altra persona. 

Può accadere che l’outing accada in ambito lavorativo e ciò può essere davvero destabilizzante e doloroso. In primis, si può percepire una forte violazione della propria intimità e riservatezza. Rivelare il proprio orientamento sessuale o la propria identità di genere senza il proprio consenso significa portare sul lavoro degli aspetti molto personali, che nulla hanno a che fare con la propria attività lavorativa.

 

Due “tipologie” di outing

La prima “tipologia” di outing avviene quando una persona, sapendo che l’omosessualità di un/a collega è “segreta” decide consapevolmente di rivelarla ad altri colleghi o al capo, nella sua ottica per nuocere all’immagine di questa seconda persona. Si tratta, quindi, di un gesto che ha un intento malevolo. Non è infrequente, purtroppo, che l’outing porti, in seguito, a discriminazioni velate e indirette come l’impossibilità di progressione di carriera o più dirette come il licenziamento.  In questa particolare situazione, l’outing è quindi assimilabile al mobbing, cioè un comportamento abusante, aggressivo e volto ad arrecare un danno. L’intenzione di nuocere rende questa tipologia di outing davvero molto dolorosa per la persona che la subisce e forti possono essere le conseguenze in ambito lavorativo: difficoltà a interagire e collaborare con i colleghi spesso ostili dopo l’outing, un aumento dello stress lavoro correlato fino ad arrivare alla sindrome del burn out, in cui si percepisce un vero e proprio esaurimento a causa della situazione lavorativa, percepita come insostenibile.

Nel secondo caso, invece, l’outing effettivamente accade “per sbaglio”: una persona non si rende pienamente conto di ciò che sta facendo, ad esempio perché non sa che quella informazione è “segreta” quindi in effetti rivela ad altri l’orientamento sessuale o l’identità di genere di un collega, senza voler arrecare un danno.  In questo caso, i vissuti della persona che subisce l’outing possono essere simili: paura per eventuali discriminazioni e ripercussioni lavorative, probabilmente vergogna, perché è come se uno degli aspetti più intimi di sé, che non si era magari ancora pronti a rivelare, fossero ormai stati serviti su un piatto d’argento. Inoltre, la sensazione può essere quella essere vulnerabili, di essere stati traditi e violati.

In realtà, spesso la persona che ha fatto outing inconsapevolmente può anch’essa provare sentimenti molto negativi in quanto può percepire di avere leso il proprio collega e di aver inficiato non solo il rapporto lavorativo con lui, ma anche quello umano. Potrebbe provare un forte senso di colpa per aver tradito la fiducia riposta in lui, anch’esso vergogna per l’atto commesso, sicuramente dispiacere. 

 

Cosa fare quando si subisce outing sul posto di lavoro?

Se ti sei trovato in questa situazione, saprai che non è facile riuscire ad affrontarla. Infatti, se si subisce outing spesso ciò significa che non si è ancora “out” e quindi si è ancora alle prese con l’accettazione della propria diversità in ambito sessuale. Essere in difficoltà non l’accettazione di sé può rendere più complesso affrontare l’outing.

Può essere importante partire da te e chiederti: “quanto potrà cambiare il modo in cui verrò percepito ora che i miei colleghi sanno chi realmente sono?”. Probabilmente, poco. Potrebbe sembrarti inizialmente “moltissimo” la risposta corretta e ciò è perfettamente naturale: la carica affettiva spesso riposta nel proprio coming out ancora non compiuto è molto elevata e potresti essere molto attivato a livello emotivo, trattandosi di un aspetto così intimo di te. Spesso, quando si provano emozioni molto forti tendiamo a guardare alla realtà in modo peggiore rispetto a come realmente è. Acquisita la consapevolezza di com’è la situazione reale, tenendo un attimo da parte i forti sentimenti, è possibile iniziare a elaborare quanto successo. 

Se hai subito outing “inconsapevole”, potrebbe essere una buona idea parlare e chiarirti con il collega che lo ha svelato a tua insaputa. Come abbiamo visto, anche lui potrebbe percepire dei sentimenti di colpa nei tuoi confronti. Ripartire dalle vostre emozioni può essere una modalità iniziale per affrontare la situazione che si è creata. Se hai subito outing in ottica malevola, puoi indirizzarti ai colleghi con cui hai più confidenza o il tuo capo per raccontargli ciò che hai subito. Parlare con loro delle tue emozioni e di come ti sei sentito potrà farti sentire maggiormente accolto e protetto. Ci sono dei casi in cui la situazione è davvero molto complessa da affrontare da soli e in tal caso è possibile eventualmente affrontare un percorso di psicoterapia per gestire le conseguenze dell’outing.

Cosa significa subire outing?

Cos’è l’outing?

L’outing, spesso confuso con il coming out, indica l’azione del rivelare l’orientamento sessuale di un’altra persona senza il suo consenso. La differenza tra i due, molto rilevante, sta quindi nella volontarietà: il coming out è volontario, l’outing no, viene subìto. Le persone outed, che subiscono l’outing, probabilmente non si sentono pronte a dichiarare la propria omosessualità e risentono quindi negativamente dell’outing. Nei casi peggiori la persona che fa outing lo fa con consapevolezza, sa di rivelare quello che per le persone in questione è “un segreto” e lo fa quindi con l’intento di nuocere. È una pratica, purtroppo, utilizzata in modo strumentale ad esempio in politica per indebolire gli avversari e far perdere una parte dell’elettorato. Anche in ambienti competitivi come alcuni ambiti lavorativi o in ambiti sportivi agonistici l’outing può essere usato da persone senza scrupoli con l’intento di nuocere all’altro. Spesso accade anche in età adolescenziale, nel contesto ad esempio del bullismo. Altrettanto spesso, però, chi fa outing non è cosciente di ciò che sta facendo, non valuta nel momento presente le conseguenze della sua azione e non si rende di fatto conto della rilevanza del proprio gesto. Questo può accadere, ad esempio, nel caso in cui una persona faccia coming out con un amico, senza specificare che è uno dei pochi “che sa”; quest’ultimo quindi, involontariamente, potrebbe fare outing con altre persone, potremmo dire “in buona fede”. In questo secondo caso i sentimenti negativi vengono provati non solo da chi “subisce” l’outing ma anche da chi lo commette, in quanto quest’ultimo può percepire di aver tradito la fiducia della persona che glielo ha confidato. 

 

Le emozioni dopo l’outing

Ma quali sono questi sentimenti negativi di cui tanto si parla?  Cosa prova una persona outed? Sicuramente si sentirà esposta, vulnerabile. Si sente come chiunque di noi si sentirebbe se qualcuno rivelasse ad altri un nostro segreto: sentirebbe tradita la sua fiducia, probabilmente proverebbe vergogna, avrebbe paura, ansia per il futuro e per le conseguenze di questo gesto, paura che la propria vita possa essere “sconvolta”.  La persona che fa outing invece involontariamente e non con l’intento di nuocere, potrebbe d’altro canto sentirsi estremamente in imbarazzo, provare anch’essa vergogna per aver “tradito” un amico e un forte senso di colpa. Entrambe le parti quindi si vengono a trovare in una situazione spiacevole e difficile da gestire. Il risentimento può essere un sentimento complesso e duraturo, spesso non riusciamo a perdonare chi ci ha fatto un danno, anche se involontariamente. Il perdono dipende, forse, tra molti aspetti in particolare dall’entità del danno: quanto più vivremo la rivelazione del nostro orientamento sessuale come un problema, tanto più non riusciremo a perdonare chi ci ha fatto fare outing, seppure non avesse cattive intenzioni. 

 

Paura dell’outing?

Il punto chiave della questione sta proprio qui: vivere l’outing come un problema è forse inevitabile, assolutamente comprensibile. Viverlo come un enorme problema, che ci blocca anche ad esempio dalla possibilità di fare coming out proprio a causa della paura che a questo consegua l’outing (da parte di persone che possono dare poco peso alla nostra “confidenza”), può andare contro noi stessi. Come qualunque cosa che non dipende dal nostro controllo, l’outing può essere difficile da gestire, da accettare e da superare, in qualsiasi circostanza si verifichi; la vita però non è pieno controllo, se ci limitiamo sulla base delle cose che non possiamo controllare cadiamo in una trappola paradossale in cui la volontà eccessiva di controllo ce lo fa, di fatto, perdere del tutto.  Avere paura del coming out a causa dell’eventualità dell’outing potrebbe non farci sentire padroni delle nostre scelte, affidarci ai “se” e ai “forse” e non al presente, ai nostri desideri e bisogni. L’outing può essere un problema, per alcuni difficile da accettare, ma come ogni problema va affrontato solo nel momento in cui effettivamente si presenta (e fidatevi, potreste stupirvi dalle risorse che riuscireste a trovare in voi stessi per affrontare problemi come questo che possono apparire insormontabili!).

Coming out VS Outing

Coming out vs Outing: tutta questione di filosofia

La volontà è ciò che, secondo molti antichi filosofi, caratterizza l’essere umano. “Cogito ergo sum” (Cartesio): penso quindi sono; sono capace di pensare a ciò che voglio ed è per questo che esito. Eppure, molti altri filosofi ci dicono che la volontà non governa la nostra vita, accadono moltissimi fatti che esulano da ciò che desideriamo e che non possiamo fare altro che accettare, stoicamente. È proprio dallo stoicismo che deriva la massima “Non devi cercare che le cose vadano a modo tuo, ma volere che vadano così come vanno, e ciò sarà bene” (Epitteto). Perché parliamo di filosofia? Perché la differenza tra la volontà e lo stoicismo che permette l’accettazione dell’ineluttabile è ciò che distingue il coming out dall’outing. In che senso? Il coming out è l’azione volontaria e attiva di dichiarare il proprio orientamento sessuale, è la volontà; l’outing è il subire la rivelazione del proprio orientamento sessuale o della propria identità di genere da altre persone in modo indipendente dalla nostra volontà. Perché accomunare l’outing allo stoicismo, all’accettazione dell’ineluttabile, alla serenità nell’accettare che qualcosa non può essere controllato?

 

Coming out e outing…quali le conseguenze?

Il coming out può avvenire a seguito di un percorso di accettazione che ha tempistiche e modalità del tutto individuali. Può essere una scelta molto combattuta che però spesso riesce a sollevare chi la compie. Può, ma le cose non vanno sempre così. Moltissime persone infatti vivono il coming out con totale naturalezza e semplicità, trattando la propria omosessualità come una propria caratteristica come qualsiasi altra: “Mamma sarò un medico…Papà voglio studiare un semestre all’estero… Famiglia, vorrei presentarvi il mio primo ragazzo!”. Il coming out, quindi, comporta un percorso che può essere più o meno sofferto, che dipende anche da come si pensa che le persone care lo accoglieranno. Per quanto riguarda l’outing, al contrario, è molto più probabile che la persona che lo subisce abbia delle conseguenze psicologiche complesse. Non è difficile immaginare il motivo, tutti noi sappiamo bene che le cose che subiamo e su cui non abbiamo potere ci fanno soffrire: ci sentiamo impotenti, sentiamo un sentimento di ingiustizia, forse proviamo rabbia. Facile dire “accetta le cose così come vengono, non cercare di controllare ciò che non puoi” ma ritrovarsi davanti al fatto compiuto è tutt’altra storia, la nostra mentalità moderna è del tutto lontana da questo tipo di pensiero filosofico. È proprio questo il motivo per cui spesso si soffre a seguito dell’outing e in generale si soffre quando le cose sfuggono al nostro controllo, quando qualcuno tradisce la nostra fiducia. Inoltre, è importante evidenziare che le persone che subiscono outing spesso non sono ancora “out” e quindi non hanno ancora fatto coming out con le persone care o in ambiente lavorativo. Ciò comporta che, spesso, non hanno ancora accettato del tutto la propria diversità in ambito sessuale: sentire svelato questo aspetto di sé ancora così doloroso può fare davvero molto male.

 

Come possono intrecciarsi coming out e outing?

Ciò che forse è più interessante della volontà di controllo è che quando questa blocca altre nostre volontà, porta a frenare le nostre azioni e i nostri desideri. Per esempio: quando la paura dell’outing, cioè che ci accada qualcosa che sfugge al nostro controllo, ci impedisce di fare coming out, di fatto la paura che ci venga a mancare il controllo ci fa perdere il controllo su noi stessi. Non è raro, infatti, che una persona sia effettivamente motivata a fare coming out, abbia il desiderio di farlo, ma la paura che da questo possa derivare l’outing la bloccaSi instaura un circolo vizioso per cui la paura dell’incontrollabile ci toglie il controllo sulle nostre libere scelte, sulle nostre decisioni, esponendoci di fatto a quello stesso incontrollabile di cui avevamo inizialmente paura. Secondo Seneca le persone: “Perdono il giorno in attesa della notte, la notte per timore del giorno”; questi principi filosofici lontani da noi millenni sono tutt’oggi molto calzanti per spiegare le dinamiche della mente umana. Non a caso, una delle terapie psicologiche più diffuse per il trattamento dell’ansia, un disturbo spesso connesso a outing e coming out, è la CBT cioè una tipologia di psicoterapia cognitivo comportamentale utilizzata nel nostro centro psicologico, che trova le sue origini proprio in queste teorizzazioni.